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Per Saitō Kōhei, tra i più importanti studiosi marxisti contemporanei, il capitalismo ci sta spingendo verso un futuro di fascismo climatico: una gestione autoritaria del collasso ecologico, che difende i privilegi di pochi e scarica i costi su molti.
Negli scritti maturi, Marx osserva come le tecnologie capitaliste non siano neutre: sono progettate per sfruttare lavoro e natura.
Qui entra in gioco una distinzione importante, ripresa e sviluppata dal filosofo André Gorz: esistono tecnologie aperte, che favoriscono la gestione democratica e diffusa (come le energie rinnovabili distribuite), e tecnologie chiuse, che invece concentrano potere, conoscenza e risorse (come il nucleare).
Ogni società vive di scambi metabolici con la natura: estrazione di risorse, produzione, consumo e restituzione di scarti. Il capitalismo ha riorganizzato questo metabolismo sulla base dell’accumulazione illimitata di profitto, generando uno squilibrio strutturale fra metabolismo sociale e metabolismo naturale: è questo il concetto di frattura metabolica.
Un Marx meno eurocentrico rivaluta anche le società non occidentali, capaci di vivere in modo sostenibile per secoli. Da questa intuizione nasce la proposta di Saitō: il socialismo della decrescita. Non una crescita infinita resa “verde” da nuove tecnologie, ma un cambiamento radicale del modello di produzione e del nostro stile di vita.
Il messaggio è chiaro: non basta rendere il capitalismo più verde. Per evitare l’estinzione, dobbiamo immaginare un’altra società.
