
Perché fa così paura parlare di superamento del capitalismo?
Sento spesso dire che il capitalismo non si può superare, che è nella natura umana, che ogni alternativa porterebbe solo a disastri. Ma siamo sicuri che sia così? È una domanda che in molti si fanno. E non è certo un caso che questo tema venga spesso evitato, ridicolizzato o messo a tacere. Provo a spiegare alcune ragioni, in modo semplice.
Perché il capitalismo ci sembra “naturale”.
Dopo più di due secoli di dominio globale, il capitalismo è diventato per molti il sistema “normale”, quasi l’unico possibile. Ci viene insegnato che gli esseri umani sarebbero “per natura” egoisti, competitivi, interessati al profitto. Se fosse davvero così, che senso avrebbe pensare a un sistema diverso?
Come scrive Mark Fisher in Realismo capitalista (Produzioni Nero, 2018): “È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo “, oggi facciamo molta meno fatica a pensare a scenari apocalittici che non a un futuro oltre il capitalismo. E in effetti la crisi climatica ce lo dimostra: riusciamo a immaginare catastrofi globali, ma non a costruire un nuovo modello economico.
Perché abbiamo paura di ripetere gli errori del passato.
Ogni volta che si parla di superare il capitalismo, scatta un riflesso automatico: “eh ma guarda cosa è successo in URSS, a Cuba, in Cina…”. È una paura coltivata a lungo, che viene spesso usata per spegnere sul nascere ogni discussione.
Anche se il mondo è cambiato e nuove strade sarebbero possibili, questo blocco ideologico resta fortissimo. Il passato pesa come un macigno sul nostro immaginario.
Perché siamo dentro il sistema fino al collo.
Il capitalismo non è solo un’idea astratta, è un sistema che permea ogni aspetto della nostra vita: lavoro, risparmi, consumi, pensioni, welfare. Molte persone temono che cambiare sistema significhi perdere anche quel poco che si è riusciti a ottenere.
E poi ci sono interessi enormi che spingono per mantenere lo status quo: chi oggi comanda nell’economia e nei media non ha alcuna voglia di mettere in discussione il sistema che gli garantisce profitti e potere.
Perché mancano alternative forti e credibili.
Diciamocelo: oggi chi propone seriamente di superare il capitalismo è spesso isolato, frammentato o relegato ai margini. Il dibattito politico è quasi tutto centrato su come “aggiustare” il capitalismo — renderlo più verde, più etico, più umano — ma senza mai metterne in discussione le basi.
Inoltre, dopo decenni di neoliberismo, ci siamo abituati a pensare che i grandi problemi siano questioni individuali, non collettive. Così diventa ancora più difficile immaginare un cambiamento vero.
In breve:
non è che il capitalismo sia eterno o insuperabile, è che ci hanno insegnato a pensarlo così. E ogni volta che qualcuno prova a dire che potremmo — e dovremmo — superarlo, si alzano muri di paure, interessi, luoghi comuni e rassegnazione.
Ma proprio perché il capitalismo ci sta portando dentro una crisi ecologica e sociale senza precedenti, è sempre più urgente rompere questo tabù e cominciare a costruire un futuro diverso.


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