Questo articolo nasce da un’immagine. Un semplice grafico che incrocia l’aumento della CO₂ atmosferica con le date chiave della diplomazia climatica. Un’immagine che parla da sola: mentre la scienza raccoglie dati, organizza conferenze e produce scenari, il sistema continua a bruciare, estrarre, crescere.
Come scienziato, sento l’urgenza di rompere con una cultura della neutralità che oggi suona sempre più come auto-censura. E come cittadino, credo che la scienza debba finalmente dire chiaramente da che parte sta.

Cronaca dell’inazione climatica: la scienza parla, il sistema accelera
Nel grafico qui sopra c’è un’intera storia: una storia di conoscenza, di allarmi precoci, di conferenze solenni — e di sistematica inazione. È la storia della crisi climatica raccontata dalla curva della CO₂ atmosferica e delle temperature globali, affiancata da una sequenza impressionante di momenti in cui “la scienza ha parlato” o “i governi si sono impegnati”. Eppure, le emissioni sono continuate a salire. Sempre. Senza una sola flessione significativa.
La scienza ha parlato, nessuno ha ascoltato
Dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano, tenutasi a Stoccolma nel 1972, alla più recente COP29 di Baku nel 2024, passando attraverso conferenze, accordi, negoziati, protocolli, rapporti IPCC, con frequenza annuale (vedi l’infografica qui), la comunità scientifica ha fornito dati, scenari, soluzioni, soglie di rischio. Ma a ogni nuova pubblicazione, la curva della CO₂ ha proseguito imperterrita la sua salita. È il grafico dell’irrilevanza della scienza all’interno di un sistema che non intende cambiare.
Non perché i dati siano sbagliati. Ma perché sono politicamente innocui. La scienza parla, ma il potere economico e politico non ascolta, se non per riformulare nuovi slogan, certificare greenwashing o aggiustare la narrazione della sostenibilità.
Una scienza “neutrale” in un sistema radicalmente sbagliato
Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia. La comunità scientifica, nel suo complesso, si è autocondannata all’impotenza proclamandosi “neutrale”. In un mondo in fiamme, questa neutralità è diventata corresponsabilità.
Troppo spesso, l’autorità della scienza è stata ridotta alla funzione di fornire dati per chi governa, tecnologie per chi investe, o proiezioni per chi specula. In cambio, si è evitato accuratamente di pronunciare parole scomode: capitalismo fossile, estrattivismo, disuguaglianza sistemica, crescita illimitata. Tutto ciò che rappresenta l’hardware economico e istituzionale che alimenta la crisi climatica resta, nei documenti ufficiali, un grande non detto.
Una doppia paralisi
- Le istituzioni non ascoltano la scienza, se non per strumentalizzarla.
- La scienza non si politicizza, per paura di perdere credibilità.
Il risultato? Una curva che sale. Ininterrottamente.
Ogni passo avanti nelle conferenze sul clima è stato superato, e reso vano, da un sistema produttivo e finanziario che continua a premere sull’acceleratore, incurante dei limiti planetari e delle soglie di non ritorno.
Ripensare il ruolo della scienza
Oggi la sfida non è solo scientifica, è politica e culturale. Serve una scienza consapevole, capace di:
- schierarsi apertamente contro i poteri che negano o diluiscono l’urgenza climatica,
- denunciare la complicità delle istituzioni che parlano di “transizione” mentre autorizzano trivellazioni, rigassificatori e miniere sottomarine,
- farsi alleata dei movimenti sociali che chiedono giustizia climatica, economica e intergenerazionale.
La neutralità è diventata insostenibile
O si è parte della soluzione, o si è parte del problema. E questo vale per tutti — anche per la scienza.


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